Comprendere la totalità è sempre stata una questione propria della ricerca escatologica. Essa si manifesta in molte maniere nelle nostre vite perché strettamente legata ai processi cognitivi più semplici. Il pensare alle cose come facenti parte di un ordine/struttura presente ad ogni scala di riferimento nel quale possiamo pensare il reale e la necessità conseguente di comprendere la struttura superiore del sistema osservato per porne dei limiti esplorabili dalla mente umana. Lo stesso concetto di Dio di Anselmo d'Aosta "ciò di cui non si può pensare nulla di più grande" (ovvero ciò che è oltre i limiti umani della capacità di comprensione della totalità) è espressione della trascendenza di questo concetto. La mente umana si sente più a suo agio entro dei confini che può sondare, senza eppur averli esplorati, l'illusione che guardando le cose ad una scala più elevata sia più facile comprenderne la natura.
Nel lavoro di sintesi che operiamo nel redarre un portfolio questo concetto si concretizza nella necessità si chiarificare a più livelli la struttura che lo compone, in maniera univoca, schematica e sistemica (creare un sistema costante di riferimenti aiuta la comprensione dell'ordine generale). Questo si può esternare in molti modi, come per esempio fornendo una chiave di lettura sotto forma di istruzioni didascaliche o pittografiche che comunichino con chiarezza la struttura oppure operando una differenziazione nel linguaggio grafico. L'importante è che il fruitore trovi un ordine nella nostra ricerca, un appiglio sotto forma di struttura nel caos che ha caratterizzato il nostro iter. Non per questo la struttura deve tradire l'iter stesso nella semplificazione, ma piuttosto restituirlo chiaramente nella sua complessa organicità.
Il trucco come sempre è capire la giusta distanza dalla quale guardare le cose.